20 giugno, 2012

Heroes and Villains

Cose belle che succedono, e stavolta in coppia.

La prima, è che oggi il genio di Brian Wilson festeggia Settant'anni su questo pianeta.

La seconda è che lunedì sono uscite le riedizioni della discografia di Van Dyke Parks (che, peraltro, ieri sera ha suonato a Milano, senza avermi tra il pubblico, con mio sommo dispiacere; ma che aspetto impaziente di sentire all'End of the Road).

Insieme, questi due signori hanno dato vita a uno dei pezzi migliori della storia della musica.

Ve lo offro in due versioni:

quella "ufficiale", dei Beach Boys, presente in SMiLE



E quella "unplugged", offerta da uno degli artisti più incompresi e sottovalutati di sempre.

19 giugno, 2012

Pianoforte a quattromani*

Non sono musicalmente una grandissima fan dei Sigur Rós, lo ammetto, ma lo sono dei loro video, fin dalle prime collaborazioni con Floria Sigismondi.

In occasione della pubblicazione del nuovo disco, Valtari, la band islandese ha portato la propria attenzione per la parte visiva a un livello ulteriore, affidando ciascuna delle 12 canzoni presenti nell'album a un artista (tra cui anche Ragnar Kjartansson) o un videomaker.

Proprio ieri ha visto la luce le terza creatura di questo esperimento, diretta da Alma Har'el. Un'incredibile composizione di lirismo e psichedelia, danza contemporanea e violenza, sospensione, sensualità, apnea.




(Sì, c'è anche Shia LaBoeuf nudo, ma credo proprio che quella sia la cosa meno rilevante).

* che poi altro non è che la traduzione del titolo del brano.

18 giugno, 2012

Festivalgoers #1: No Direction Home 2012

[A questo punto, parte la nuova rubrica: Festivalgoers, perché noi vediamo gente e facciamo cose. Insomma, ciò che (forse) non leggerete mai nei report che scriviamo per testate (quasi) serie per cui collaboriamo, il tutto corredato di fotografie].

Giugno 2012, primo festival dell'anno. Prima edizione del No Direction Home, costola adamitica dell'ormai stranoto End of The Road. Location scelta: Welbeck Abbey, nel cuore della Foresta di Sherwood (sì esatto, Robin Hood, Little John e tutte quelle cose), posto tanto bello quanto irraggiungibile per chi viene da fuori UK – una cosa come aereo Malpensa-Luton, treno Luton-Leicester Leicester-Sheffield Sheffield-Retford, navetta Stazione di Retford-Festival site, andata e ritorno. Ma noi, ormai, siamo dei Pro del viaggio della speranza.

Una cosa, invece, su cui abbiamo tutto da imparare è la quantità media di precipitazioni a inizio giugno nelle Midlands, e i suoi devastanti effetti sull'ambiente: tre giorni di fango, con andamento parabolico grazie alla pioggia del sabato mattina e al sole della domenica. Inutile raccontare la fatale scottatura da meriggiare pallidi e assorti dell'ultimo giorno, no?


Viaggio, montaggio, campeggio e vagabondaggio ci fanno varcare la soglia dell'area concerti-ristoro-sollazzo alle 19 di Venerdì sera. La prima impressione, parafrasando il direttore di Ovettokinder.it, è quella di un festival nato "già sbaraccato", decisamente understated rispetto al suo fratello maggiore. Ma è la prima sera della prima edizione, diamogli tempo.



[Disclaimer: Me lo segno goes gonzo]

Non ho nessuna voglia di fare una telecronaca in differita di ciò che è stato il festival – ne sono già piene tutte le webzine musicali esistenti –, e neanche una lista senza senso di inside jokes che non capirebbe nessuno. Odio le classifiche. La musica non si misura in voti o posizioni, ma in pelle d'oca. 

Sono partita per il No Direction Home reduce da un periodo che non saprei neanche come definire. La mia più grande aspettativa, per questi tre giorni, era di trovare qualcosa che cancellasse totalmente dalla mia testa tutto quello che vi era forzatamente entrato nei primi 6 mesi di questo 2012 e che stava consumando anche gli ultimi, flebili strascichi dell'onda lunga della positività berlinese. Ci era riuscito in pieno, l'anno scorso, l'End of The Road – ok, era vincere facile, tornata da meno due mesi e con ancora in mano lo scettro di Master of the Universe –, ci è riuscita molto meno questa prima esperienza nella foresta di Sherwood.

È per questo mio attuale non saper dove collocarmi che ho portato come un trofeo per 3 giorni consecutivi un paio di scarpe che non avrei mai pensato di aver il coraggio non solo di indossare, ma neanche lontanamente provare (e che guardo bramosa da quando sono tornata, maledicendo il poco adatto sole estivo) – insomma, c'è chi scappa a Laurel Canyon a imbottirsi di funghi allucinogeni (ma di lui parleremo dopo), io alla fine ho solo comprato un paio di stivaletti leopardati.


Ma si sa, il tempo cura le ferite, e anche la distanza trascorsa dal ritorno in patria aiuta a vedere le cose con un po' più di distacco.
Comunque.

Miei eroi personale di questo primo No Direction Home, senza dubbio, i Moon Duo, accolti all 22.30 del sabato sera. Volevo qualcosa che mi facesse perdere? Eccomi accontentata. Psichedelia per impallinati. Un'ora in trance, senza tirare fiato. Luci completamente spente, in due sul palco, illuminati in controluce dalle lampade di proiettori che sparavano sul soffitto dell'Electric Dustbowl patterns grafici ipnotici spezzati solo dalle loro silhouette. Senza contare che erano già uno dei miei unici due nomi evidenziati come imperdibili in tutto il programma.
Risultato del set? Uno che mi domanda "Ma coma fai ad ascoltare questa roba senza drogarti?", e una noia mortale al concerto successivo, tale da abbandonare il campo prima della fine. Era Andrew Bird.

Secondo imperdibile, il mio amore del momento, atteso fino alle 17.30 della domenica: Father John Misty. Voce, chitarra, e presenza scenica. A voler essere obiettivi fino alla pedanteria, il suo non è stato un set per cui stracciarsi le vesti. O almeno, non strettamente per la musica. Ma Josh Tillman ne sa, e ce lo dimostra anche quando c'è da firmare dediche e autografi.


Bella sorpresa Cold Specks. Pur non avendolo esattamente consumato, I Predict a Graceful Expulsion aveva lasciato una certa curiosità di sentirlo reso live. La collocazione decisamente (e immeritatamente) anti-meridiana e il sole ci fanno godere il set sdraiati sull'erba. Al Spx, inoltre, ci offre la certezza che conditio sine qua non per firmare con la Mute sia saper fare del grande entertainment, oltre che buona musica, quindi, dopo averci offerto la sua versione della sigla originale di "Willy il Principe di Bel Air", non perde l'occasione di omaggiare il maestro Josh T Pearson, declamando "What's the definition of trust? A cannibal giving another cannibal a blow job".

Stessa rilassatezza al sole, e stessa sorpresa positiva, anche per Euros Childs, che, probabilmente condividendo con me e Tillman il trauma da proprio nome di battesimo, trascorre ogni intervallo tra un pezzo e l'altro a ricordare che non è una band, ma si chiama proprio così. Un grande.

Grandissimo anche Richard Hawley, portato on stage su una sedia a rotelle da suo figlio, dopo essersi rotto la gamba sinistra al Primavera – "The last thing the wife said to me before I went to Barcelona was 'Break a leg'... she who must be obeyed!". Set di grandi riflessioni filosofiche, per la sottoscritta, il suo. Oltre a fornirmi la dimostrazione evidente dell'avanzare della mia età (che mi fa lungamente preferire lui al nonsense da college di Mikal Cronin), oltre a regalarmi il ritratto in carne ed ossa di Alex Turner tra 20 anni, oltre a offrirmi la possibilità di sentirmi veramente una privilegiata che segue il concerto comodamente seduta nel pit tra la transenna e il palco (sì, l'età, e il pass stampa), Hawley mi costringe arrendermi all'idea che la sua collocazione musicale in UK è esattamente quella di Vasco Rossi in Italia,  e lo fa suonando "Open Up Your Door" al tramonto, e con "The Streets Are Ours Tonight" come encore, mentre ormai, allontanata dal palco, guardo le lampadine tra gli alberi mosse dal vento, davanti al lago. Tempo di togliersi gli stivaletti leopardati. Non piove più, e, per me, il No Direction Home 2012 finisce qui.

BONUS TRACK:
Ero ragazzina, amavo alla follia Jeff Buckley, e avevo un ragazzo che adorava Inger Lorre. Lei per me rimane uno degli incubi peggiori di quel periodo. Perché, allora, evitare di farmi abbruttire, quando a ogni cambio palco si può mandare a tutto volume questa fantastica cover?

10 giugno, 2012

Live from No Direction Home

Ultimo giorno al No Direction Home, mattinata di ricarica telefoni, piccolo spoiler di cosa e' stato e cosa sara'.

Come vedono loro il festival:



Come lo vediamo noi: