23 luglio, 2013

Stronger than me

Quando mi hanno dato la notizia, il 23 luglio del 2011, ero a uno skate-park di provincia sul lago in attesa di iniziare il primo (e unico) DJ set di tutta la mia vita. Avevo appena finito di scrivere a una delle mie migliori amiche un'email il cui oggetto era "Sounds as if you're reading from some other tired script" –cosa che, peraltro, della persona a cui era riferito continuo a pensare–.

Di tutte le cose che sono state scritte su Amy Winehouse per la sua morte, la mia preferita è la lettera di Russell Brand, l'unica in grado di far capire in cosa fosse rimasta intrappolata la cantante.

Il passaggio chiave è questo:
"Carl Barat told me that “Winehouse” (which I usually called her and got a kick out of cos it’s kind of funny to call a girl by her surname) was a jazz singer, which struck me as bizarrely anomalous in that crowd. To me with my limited musical knowledge this information placed Amy beyond an invisible boundary of relevance; “Jazz singer? She must be some kind of eccentric” I thought."

Ecco, quello che stava succedendo alla ragazza che cantava 'Tenderly' al piano parlando di Sarah Vaughan con Jools Holland era presentare dei demo così




per poi far uscire dei dischi così



"Music is a journey. Jazz is getting lost."
John O'Farrell

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